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Cattedrale di Modena, Torre della Ghirlandina e Piazza Grande Patrimonio dell'Umanità dal 1997

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Pietra Ringadora

La Preda ringadora è senza dubbio un elemento molto particolare che caratterizza Piazza Grande e per questo ha sempre attirato l’interesse e la curiosità non solo di studiosi che ne riconoscono il passato glorioso, ma anche di cittadini e turisti.
Si tratta di un grande masso di ammonitico veronese rosso di forma rettangolare, collocato in prossimità del porticato del Palazzo Comunale, di fronte alla scalinata d’accesso. In origine, probabilmente, si trovava in questo stesso punto, ma nel corso dei secoli ha subito vari spostamenti: ad esempio, nel XVII secolo in occasione di una risistemazione della piazza, la pietra venne spostata, provocando le lamentele dei mercanti che lì esponevano la propria merce. Successivamente, nel 1820 fu collocata ai piedi del lato settentrionale della Ghirlandina, nell’attuale Piazza torre, verso la via Emilia. Nel 1912 fu trasferita nel Palazzo dei Musei e infine nel 1936, come testimoniano alcune fotografie conservate presso l’Archivio Fotografico Panini, la pietra ritorna nella sua collocazione originale, dove ancora oggi possiamo vederla.

Nel parlare comune e volgare, il termine significa “pietra che arringa”: essa infatti servì da tribuna e da pulpito agli oratori modenesi che nel medioevo, durante le adunanze popolari, parlavano ai cittadini.
Il nome potrebbe però derivare anche da rendadora, renditora, rendibitora convertiti poi nel parlare comune in arringadora o ringadora. In questo senso il riferimento sarebbe al debitore che a forza veniva tratto sulla pietra per la restituzione dei beni da lui truffati ai creditori. A partire dal Quattrocento la pietra inizia ad essere usata quasi come pietra del disonore, come monito di dura giustizia mercantile. Il cronista seicentesco Spaccini riferisce che, sulla pietra, ogni debitore doveva dichiarasi tale, in giorno di mercato, dopo aver fatto il giro della piazza, preceduto dal suono di una tromba, con la testa rapata e una “mitra” in capo, costretto “da dare a culo nudo suo la preda rengadora, la quale sia bene unta de trementina, tre volte digendo tre volte cedo bonis, cedo bonis, cedo bonis”.
All’epoca il debitore non era il solo a subire un affronto sulla pietra: anche chi bestemmiava poteva essere punito sulla “ringadora”.
Tuttavia questa pietra non ha solo una funzione punitiva: quando si recuperavano dei morti annegati, i corpi venivano depositati sul grande masso, in attesa del riconoscimento e dell’eventuale ricerca dei colpevoli nel caso vi fosse il dubbio che non si trattasse di una disgrazia accidentale, bensì di omicidio.