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Cattedrale di Modena, Torre della Ghirlandina e Piazza Grande Patrimonio dell'Umanità dal 1997

Sezioni

Metope

Sui salienti dei muri diaframma della cattedrale di Modena si susseguono, quattro per parte, una serie di lastre scolpite dai soggetti apparentemente misteriosi, creature favolose, essere mostruosi, personaggi in atteggiamenti singolari, acrobatici. Il vago sentore arcaicizzante che avvolge la semplice compattezza dei volti, le scansioni armoniche dei panneggi, l’essenziale stilizzazione delle figure, ha fatto sì che fossero definite “metope”, elementi della trabeazione del tempio greco di stile dorico.
Con tutta probabilità queste lastre sono servite fin dall’inizio a decorare, a mascherare i salienti dei muri che scandiscono trasversalmente il tetto della cattedrale, ma in realtà non esistono dati sicuri sulla loro originaria destinazione.
Esse rappresentano probabilmente alcune di quelle creature che nel medioevo si pensava popolassero le regioni inesplorate e inaccessibili, poste agli estremi confini della terra. I soggetti raffigurati sembrano ispirati a testi medievali quali il Liber monstrorum. Forse non è un caso che a Modena che esse siano collocate nelle zone più alte dell’edificio, anch’esse lontane e remote rispetto agli spazi concretamente abitabili della chiesa.

Problematico e controverso è stato il dibattito sulla datazione e sulla cultura dell’autore di queste sculture. L’arco cronologico considerato per la realizzazione delle metope va dal 1110 – 1115 alla metà del XII secolo. Per quanto riguarda lo scultore, siamo di fronte ad una personalità di altissimo livello, profondamente marcata dalla riflessione su modelli classici, attiva verosimilmente a una data abbastanza precoce e forse cresciuto nel cantiere di Wiligelmo.
Negli Anni ’50 del Novecento si è deciso per motivi conservativi di staccare gli originali delle metope e di esporli presso il Museo Lapidario del Duomo, sostituendoli con  copie realizzate dallo scultore Benito Boccolari.

 

Gli “Antipodi”

Prospetto meridionale, prima antefissa da ovest

Entro una cornice aggettante superiormente si collocano, visti di profilo ma con gli sguardi incrociati, una figura femminile e una maschile capovolta.

Nella cubatura dell’antefissa si assemblano una fanciulla seduta a terra con un falchetto appoggiato sulla spalla sinistra. La figura maschile estende la testa all’indietro mostrando così alla compagna il volto. L’impegno descrittivo dello scultore per rendere realistico l’esercizio acrobatico della coppia è di straordinaria sapienza.



Il Potta di Modena
ovvero L’Ermafrodito

Prospetto meridionale, seconda antefissa da ovest

Si tratta di un nudo maschile seduto che si tiene le gambe divaricate in modo da mostrare i genitali, che presentano lesioni provocate nei primi decenni del Cinquecento da colpi di archibugio.
Già nel corso del Quattrocento si tentò una moralizzazione del soggetto o occultamenti dell’ambiguità dell’ermafrodito sostituita dal suggerimento di una copiosa fertilità. In realtà, le connotazioni dell’ermafrodito evidenziate dalla policromia nella scultura ne causarono anche le lesioni materiali: recepita come immagine oscena, ostentazione frontale di una provocazione sessuale, divenne bersaglio degli archibugi della soldataglia e di altri atti vandalici da parte della popolazione.
Il rilievo è stato oggetto di interventi cinquecenteschi di rimodellamento particolarmente visibili nei ritocchi del volto, nell’incasso torpido del busto, nelle spalle lesionate.

L’ Ittiofago

Prospetto meridionale, terza antefissa da ovest

In questa metopa è rappresentato un ibrido semiumano, visto di profilo con testa di uccello e zoccolo equino dalla sua caviglia sinistra; accovacciato con le mani allacciate a trattenere e mettere in evidenza la gamba equina. La testa è crestata da lunghe piume raccolte dietro la nuca, e trattiene con il grosso becco da rapace un grande pesce il cui corpo arcuato rimane sospeso verso lo zoccolo concludendo la parte sinistra del rilievo. Sul lato sinistro una protome umana, quasi infantile, è incapsulata da una voluta a racemi.
La scultura potrebbe collegarsi agli ibridi ittiofagi, i cosiddetti “Mangiapesce”, che si pensava vivessero nell’Oceano vicino all’India.

Lo PsilloAdolescente con drago

Prospetto meridionale, quarta antefissa da ovest

In questo rilievo è scolpito un nudo di adolescente seduto a terra, visto di profilo mentre guarda un cucciolo di drago – serpente che si affaccia dietro un pilastro, mentre il ragazzo lo trattiene con le mani sulla spira della testa.
La metopa, famosissima per la qualità compositiva, l’incanto e la purezza neogreca dei volumi, ha sempre affascinato la critica. In passato venne letta “Ercole che uccide l’idra”, mentre recentemente sono stati evidenziati dei collegamenti con le immagini dei mappamondi medievali dove appaiono gli Psilli, ovvero esseri umani immuni al morso del serpente.

L’essere a tre bracciaLa fanciulla e il terzo braccio

Prospetto settentrionale, quarta antefissa da est

Si tratta di una fanciulla vista di tre quarti appoggiata contro un isolato  braccio destro gigantesco mostrante un rotolo chiuso nella mano. La fanciulla, che ha una cuffia lavorata, calzari, e una lunga veste che la fascia in un panneggio che suggerisce un tessuto leggerissimo, si appoggia sulla coscia con un braccio piegato, la mano contro la guancia a sorreggere la testa, l’altro braccio, spostato indietro con la mano appoggiata sul fianco, a sorreggersi in un comodo equilibrio.
In questa scultura sembra esservi un ricordo della religione indiana, in particolare del dio Brahma, e non è forse un caso che il Liber monstrorum collochi proprio in Asia la nascita dell’uomo raddoppiato.


L’uomo dai lunghi capelli

Prospetto settentrionale, terza antefissa da ovest

La metopa presenta una figura maschile vista frontalmente, colta in un momento di sospensione da terra con le gambe piegate. Il  piede della gamba destra è rovesciato verso l’alto, trattenuto dalla mano e dal braccio destro in una posizione forzata dall’articolazione, mentre il peso del corpo gravita a terra sul braccio sinistro.
Il volto è concentrato, i lunghi capelli si aprono, sollevati e distesi senza ricadere. Due elementi vegetali, una foglia e un fiore vegetale, sono disposti ai lati della testa.


La grande fanciulla

Prospetto settentrionale, seconda antefissa da ovest

Il blocco dell’antefissa contiene, come incassato, il corpo rannicchiato di una fanciulla con le ginocchia sollevate, il braccio sinistro aggrappato sotto il corpo, mentre quello destro sollevato esce da dietro il corpo e i capelli per afferrare con la mano un tralcio vegetale. Il rilievo, scolpito su tutti e tre i lati dell’antefissa, ospita sul lato corto un ibis eretto a toccare la cornice della metopa sfiorando le ginocchia e la lunga veste della fanciulla; sull’altro lato una sfinge alata rovescia la testa barbuta contro la cornice dell’antefissa stessa. L’ibis e la sfinge dei lati brevi sono forse compendiarie indicazioni topografiche inserite a ricordare le terre lontane da cui proveniva la fanciulla (la sfinge), e il lungo viaggio per mare (l’ibis).
La metopa sembra adeguarsi perfettamente all’immagine del Liber monstrorum che individua la sfinge e l’ibis come immagini allusive alle vicende di una fanciulla scoperta su una spiaggia dell’Europa occidentale, vestita di un mantello rosso cupo, stretta da corde e ferita a morte nel capo.

La sirena bicaudata

Prospetto settentrionale, prima antefissa da ovest

In questo rilievo è scolpita una sirena pesce con le due code divaricate e fermate in equilibrio dalle mani. Lunghi capelli lineari che incorniciano il volto apportano una caratterizzazione lineare alla composizione, e un sorriso agghiacciante sulle labbra sottili, potrebbero, al di là del messaggio diabolico, far vedere i rapporti storici con il “Potta di Modena”. Una certa ambiguità è nella rappresentazione delle code, che potrebbero più propriamente essere definite come gambe pinnate, data anche la chiara definizione dell’intaglio dei piedi.
L’immagine cui forse la scultura si ispira è descritta nel Liber monstrorum come una sirena pesce incantatrice che seduce i marinai con le sue splendide forme e col dolcissimo canto.